31 ottobre 2011

La sposa dell'ulivo

Mio nonno Sauro era scomparso da questa terra da un paio di settimane. Non era stato uno di quegli uomini che lasciano il segno con un’impresa eccezionale, ma lo lasciano con il loro essere eccezionale. Era stato un uomo generoso, ricco di inventiva e aveva sgobbato tutta una vita per regalare ai figli le possibilità che lui non aveva avuto. Grazie a lui mio padre Nicola ha potuto studiare ingegneria e diventare un impresario importante. 
Lo avevano soprannominato “Lo profeta” per il suo modo tutto particolare di prevedere il tempo succhiando un filo d’erba, e per le sue sensazioni che lo portavano ad azzeccare qualunque avvenimento che sarebbe accaduto nell’arco di qualche ora. Ti dava sempre il consiglio giusto. Niente lo coglieva impreparato, riusciva sempre a sbeffeggiare la sorte. Aveva un sorriso meraviglioso, che si allargava agli occhi che rilucevano con una luce speciale che metteva il buon umore anche quando fuori il tempo era orribile, o quando la mattina ti alzavi con il piede sbagliato.
Dopo la morte di nonna Rosa viveva da solo nella grande casa in cima alla collina che aveva costruito da solo come pegno per avere la mano della ragazza di cui si era innamorato in un attimo di fulgida lucidità durante una festa di paese per la trebbiatura. Rosa era stata un’apparizione, una di quelle che ti capitano all’improvviso e non ti lasciano più. Erano stati felici insieme e quando era morta qualcosa si era spezzato nel nonno che però non aveva mai perso la sua fede.
Quando si è addormentato per non svegliarsi mai più non aveva detto nulla, anche se probabilmente sapeva, come sapeva sempre tutto, che non si sarebbe più alzato. Avrebbe potuto prepararci alla sua fine ma ha preferito andarsene piano così come aveva vissuto.
Ero seduta sul divano, facendo zapping come non mi capitava da un po’ di tempo. Di solito la sera non ero mai in casa sempre in giro da qualche parte, ma da quando nonno Sauro non c’era più avevo voglia di stare con la mia famiglia, stringermi ai miei genitori come non facevo ormai da anni. Stavano trasmettendo uno di quei documentari noiosissimi in cui c’è un presentatore pazzo che prende a mani nude i serpenti o va ad accarezzare le tigri disprezzando il pericolo e fregandosene di tutto. Li ho sempre odiati questi personaggi ,da spaccargli il telecomando in testa. Seccata cambiai canale e mi imbattei in una trasmissione che parlava di record e mostrava un ulivo che aveva circa cinquant’anni. Rimasi un attimo incantata a fissarlo e poi mi venne in mente che mio nonno Sauro aveva un ulivo sul suo terreno, che sicuramente aveva più di cinquant’anni. Lo ripeteva sempre che c’era un storia particolare dietro quell’albero, ma non ne sapevo niente. Dovevo cercare informazioni. Era già tardi ma il mattino dopo sarei andata nella casa di mio nonno per scoprirne di più. 
Così feci. Mi avviai verso la grande casa sulla collina piena di ricordi e mi infilai nello studio del nonno sperando di trovare informazioni a colpo sicuro. Invece rimasi tutta la mattina a rivoltare cassetti e scaffali senza scovare nulla. Solo  documenti e fogli d’appunti. Fotografie e ricordi di una vita. Eppure qualcosa mi diceva che da qualche parte dovevano esserci le notizie che cercavo. Mi ero portata un panino per pranzo e andai a mangiarlo proprio sotto l’ulivo anche se ad ottobre inoltrato il freddo si faceva sentire. Le foglie del frutteto disegnavano spirali colorate nel cielo e sembrava impossibile immaginare che neanche un mese prima c’era ancora nonno Sauro ad affaccendarsi in giro. Nonostante l’età avanzata si occupava in prima persona di tutto il terreno. Terminato il pranzo rimasi a godermi il vento e una foglia scivolata da un ramo colse la mia attenzione. Mi avvicinai lentamente all’ulivo e mi accorsi che c’erano delle iniziali vicino alla parte più  alta del tronco. RS. Stavo cercando di compiere il salto mentale che mi avrebbe rivelato il significato delle lettere quando squillò il mio cellulare.
- Sonia dove diavolo sei? È tutta la mattina che ti cerco.
Il mio presunto ragazzo Giorgio. Presunto perché non aveva capito un accidenti di come mi sentivo dopo la scomparsa di mio nonno, che pure lui aveva conosciuto. 
- Sono a casa di mio nonno devo cercare una cosa. – e gli raccontai della mia voglia di scoprire la storia dell’ulivo, che mio nonno aveva sempre tenuto da parte per raccontarmela alla prima occasione utile.
- Sono solo sciocchezze. Sono settimane che fai la preziosa e sai stasera che cosa c’è?
Giorgio e i suoi indovinelli. Non diceva mai chiaramente cosa gli passava per la testa, ti domandava sempre qualcosa e ti lasciava a lambiccarti il cervello per capire cosa diavolo voleva. Non persi tempo e negai.
- La mia cena di presentazione. Lo sai che sono stato scelto dallo studio per diventare associato. 
Avevo rimosso. Con tutto quello che era successo la cena di Giorgio aveva perso tutta la sua importanza. Gli comunicai che non sarei andata e mi scagliò contro una serie di offese che avrebbe fatto impallidire uno scaricatore di porto. Lo lasciai su due piedi. Avevo ben altro a cui pensare.
Tornai in casa e pensai bene di cercare in camera da letto dei miei nonni. RS aveva tutta l’aria di stare per Rosa e Sauro. 
Passai il pomeriggio a smontare anche quella camera cercando in lungo e in largo fino a che verso sera, in cima all’armadio trovai una scatola. La portai al piano di sotto, in salotto. Preparai un thè, avvertii i miei che non sarei rientrata e mi sedetti sul divano per scoprire il contenuto della scatola. Sollevai lentamente il coperchio certa  di immergermi in un luogo inviolato e segreto. Nella scatola c’erano una serie di fotografie. I miei nonni giovanissimi, lei con un vestito rosso scollatissimo per l’epoca e lui con una camicia bianca. La foto era sbiadita e dipinta a mano come quando si usava fare prima della rivoluzione della stampa a colori. Sullo sfondo una festa, sicuramente quella famosissima della trebbiatura in cui si erano conosciuti e che mio nonno ricordava sempre come una benedizione. C’era quella del matrimonio, mia nonna con un abito bellissimo, molto semplice, e che ancora conservava nell’armadio e mio nonno raggiante. La prima foto di mio padre bambino e feste, vacanze, gite, momenti di vita quotidiana fermati su quella carta lucida e conservati gelosamente. Anche foto della mia infanzia di quando andavamo tutti insieme in giro per l’Italia a scoprire paesetti dimenticati, prima che la mia vita prendesse il sopravvento con l’università, Giorgio e altre stupide faccende. 
Tra le altre foto però scovai anche quella dell’ulivo, piccolo, poco più alto di un arbusto, datata circa sessant’anni prima. E insieme alla foto dei fogli riempiti dalla calligrafia ordinata di mio nonno. Quei fogli piccoli, ingialliti dagli anni e segnati dalle lacrime e dai sorrisi.
Agosto 1951
Cara Rosa,
ti ho incontrata da qualche settimana e già mi sembra di conoscerti da una vita. Non sembra esserci niente di sconvolgente oltre al fatto che mi sono innamorato di te. In realtà va tutto così velocemente che non dovrei neanche pensare a una cosa del genere. Ho vent’anni, nessuna prospettiva davanti se non quella del contadino, ma in qualche modo il mio cuore sa profondamente che per noi c’è futuro. Devo solo dimostrartelo. So che probabilmente per te non è la stessa cosa ma io ci spero sempre. In fondo so essere molto paziente. E il tempo, beh quello non ci manca. 
Tuo Sauro
Ottobre 1951
Cara Rosa,
oggi sono stato a parlare di nuovo con tuo padre e lui per l’ennesima volta mi ha cacciato dalla vostra proprietà. Ma io non mi arrendo, so per certo che se sono stato capace di convincere te posso convincere anche lui. Se tu mi credi quando ti dico che ti amo perché lui non può accettarlo? Voglio sposarti, ho già il tuo si, ma l’unica condizione che mi hai posto è che tuo padre ci dia la sua benedizione. Ci sto provando, credimi e continuerò a lottare per noi, per avere la tua mano finché avrò fiato in gola, finché avrò modo, anche se ci vorrà tutta la mia vita, anche se dovrò aspettare i sessant’anni. So che sei tu la donna che ho aspettato fino ad adesso e farò di tutto perché anche lui lo capisca e ci dia il permesso di sposarci.
Gennaio 1952
Mia adorata Rosa,
continuiamo a vederci in segreto, ma quelle poche ore, o quei pochi minuti che trascorriamo insieme sono gli unici che per me abbiano un senso. Aspetto tutto il giorno solo quelli. Lo so suona melodrammatico, perché in fondo la mia vita è piena d’altro, ma l’unica cosa che conta per me è sposarti, ogni mia ulteriore attività è finalizzata a conquistare il diritto di farti mia. Desidero profondamente passare ogni momento della mia giornata col pensiero che possiamo vivere insieme, gioire della nostra compagnia reciproca, costruire una famiglia e nessuno può negarmi questo sogno. Tuo padre si oppone ancora a noi, ma io non mi sono arreso, non farlo neanche tu, riusciremo ad essere felici ne sono certo. Ti amo Rosa.
Aprile 1952
Rosa,
è la domenica delle Palme e finalmente tuo padre mi ha concesso un breve colloquio dopo la messa. Ha ammesso che ammira la mia tenacia e che voleva ascoltarmi. Gli ho aperto il mio cuore, rivelandogli le mie intenzioni, mostrandomi a lui come non ho mai fatto con nessuno, se non con te. Pensavo che la sincerità sarebbe stata apprezzata più di tutto e da come sono andate le cose sembra che così è stato. In realtà non ha detto proprio sì a concedermi la tua mano. Ha posto delle condizioni. Devo scegliere un terreno, comprarlo e costruire io, con le mie mani, la casa dove vivremo seguendo le direttive che mi darai tu, deve avere tutte le comodità che desideri, ma soprattutto devo piantare un ulivo su questo terreno, se fra due anni sarà ancora lì potrò sposarti. So già che dovrò sacrificare ogni cosa ma non sono mai stato così felice di farlo.
E così l’ulivo era una sorta di pegno di mio nonno? Che storia affascinante. E mio nonno ha compiuto tutti questi sacrifici solo per sposare mia nonna. Oggi nessuno lo farebbe. Siamo talmente abituati ad avere tutto e subito che non ci rendiamo conto davvero che per ottenere ciò che vogliamo ci si deve impegnare seriamente, c’è da lottare. 
Novembre 1952
Mia cara Rosa, 
credevo che sarebbe stato tutto molto facile, che avrei compiuto l’impresa senza troppi sforzi, non avevo messo in conto tutto quello che poi è successo. Mio padre ci ha lasciato prematuramente e ora devo mantenere la mia famiglia, mia madre è rimasta da sola e non posso assolutamente abbandonarla, non dopo che lei si è sacrificata tanto per me. Il raccolto è stato scarso e solo ieri il muro che costruivo da un mese è crollato a terra lasciando macerie ovunque e danneggiando quello vicino. E per di più una strana malattia ha colpito l’ulivo che ho piantato. Non so se ce la posso fare, se riuscirò a ottenere la tua mano. Ho paura di non farcela. L’anno sta finendo e l’unica cosa che vorrei è sposarti, amarti e vivere con te, ma non sono certo di poterla realizzare. Ma cosa posso fare? Continuo ad andare avanti, voglio te è l’unica certezza che ho.
Dicembre 1952
Mia cara Rosa,
manca pochissimo a Natale e ho chiesto espressamente di non farmi regali perché l’unico che voglio non posso ancora averlo. Tu Rosa, mio unico amore. Vorrei poterti donare la Luna ma l’unica cosa che posso donarti adesso è la promessa che continuerò a lottare per te e che ti amo adesso e ti  amerò per sempre finché avrò fiato in gola. Rosa sei l’unica che ancora riesce a darmi speranza. La neve ricopre ogni cosa, non posso lavorare alla casa e soprattutto temo per l’ulivo non so se  riuscirà a superare l’inverno con le sue fragili radici. Continuo a sperarci e a fare di tutto per riuscire a realizzare il mio  sogno. Ti amo Rosa. Ricordatelo in queste lunghe notti invernali.
Febbraio 1953
Rosa,
non ci crederai mai l’ulivo è sopravvissuto, sono qui vicino a lui accarezzandolo e pensando a te. Un solo anno ancora e potremmo stare insieme. Ora l’unico problema è la casa non so dove procurarmi i mattoni. La neve ha creato danni gravi, mi devo mettere sotto per recuperare il tempo perso questo inverno. Tuo fratello mi ha promesso il suo aiuto. È bello sapere che qualcuno crede in noi.
Aprile 1953
Mia adorata Rosa,
non sai che gioia per me ricevere la visita di tuo padre questa mattina e soprattutto vedere te con quel vestito verde che ti sta un incanto. E per fortuna che i lavori procedono e l’ulivo anche se un po’ spennacchiato è ancora lì sul nostro terreno. E tuo padre mi ha stretto la mano congratulandosi. Non sono mai stato così orgoglioso di me. Oh Rosa sono così fiducioso. Ti amo tanto. 
Settembre 1953
Mio Dio Rosa,
un disastro. La grandinata di questa notte non ci voleva. La vigna rovinata, quintali di uva inutilizzabili e ora mi manca una serie di guadagni che avevo già investito per la nostra casa. Anche l’ulivo ne è uscito massacrato, non so se vedrò la fine di quest’anno, non so davvero se riuscirò a sposarti Rosa. Ho paura.
Novembre 1953
Rosa,
oggi è venuto tuo padre. Una visita inattesa. Stiamo messi mali, i nostri risparmi sono quasi finiti e la casa è ancora incompleta. Non posso farcela per il prossimo aprile. Ho fallito, ma tuo padre non la pensa così e ha deciso di venirmi incontro, di farmi un prestito. Non ho accettato. Allora ha deciso di propormi un lavoro nella sua proprietà e non ho potuto rifiutare. Se l’inverno sarà rigido come l’anno scorso non potrò lavorare alla nostra casa e non potrò sposarti. Ero vicino alla meta ma ora mi sembra lontana  anni luce. Ti amo Rosa con tutto me stesso ma non so se sarà abbastanza. Lo spero.
Gennaio 1954
Cara Rosa,
ormai conto i giorni che mi separano da te perché sembra davvero che possiamo farcela. La fiducia di tuo padre è stata fondamentale, e credo che in qualche modo possiamo sposarci. Rosa non aspetto altro che vederti con l’abito bianco percorrere la navata della chiesa di San Firmano. 
Solo l’ulivo mi preoccupa perché ha un ramo spezzato ma forse riesco a salvarlo come ho salvato il nostro amore. Rosa ti amo questo non cambierà mai.
L’ultima lettera è quella più intensa non solo perché so che alla fine mio nonno ce l’ha fatta ma perché è riuscito a conquistare la fiducia del mio bisnonno. Non sapevo che ci aveva messo tanto per ottenere la mano di nonna Rosa, non me l’aveva mai detto. Pensavo che come tante coppie si erano incontrati, piaciuti e sposati e non posso pensare al motivo per cui il padre di nonna Rosa non potesse amare nonno Sauro una persona così di buon cuore che era impossibile non affezionarsi a lui. Tra le altre foto del matrimonio di Sauro e Rosa ce n’era una in cui i miei nonni segnavano le loro iniziali sull’ulivo, vicino alle radici e il mio bisnonno che teneva la mano sulle loro spalle. 
Scoppiai a piangere commossa per tutta quella storia e in quel momento decisi che quella storia doveva vivere, aveva il diritto di respirare ed essere diffusa nel mondo.
Già da quella sera mi misi a scrivere e nell’arco di un mese stringevo tra le mani il manoscritto della storia d’amore tra i miei nonni. Nessuno me lo pubblicò ma io sapevo che in qualche modo sarebbe vissuta per sempre almeno nel mio cuore.
AnnaChiara

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