25 agosto 2011

Il frigorifero: memoria a lunga conservazione


L'ultima ragazza con cui sono uscito a fine serata m'ha detto che puzzavo; poco importa, me l'ero portata a letto e la confessione l'aveva fatta dopo il secondo amplesso.
Tuttavia il giorno seguente ho fatto tre volte la doccia, senza pensare. Il giorno dopo ancora finii lo shampoo e fu allora che realizzai d'aver fatto otto docce in quarantotto ore.
Mi tornò in mente la voce della biondina con cui mi ero divertito qualche sera prima, "PUZZI"; provai a ricordarne i lineamenti del viso, ma ero troppo ubriaco per averli impressi nella mente, mi ero alzato dalla sdraio dove s'era consumato quell'amore di poche ore e tanto gin ancora barcollando.
Chiusi a chiave quel pensiero dietro una risata e lui da bravo non riemerse.
Fino a ieri.
Ieri, dopo un'estate di tentativi sono riuscito a strappare un dopocena alla mia vicina d'ombrellone; mi sono anche sorbito pazientemente le sue ultime liti telefoniche col tipo di Verona per una settimana aspettando che urlasse contro il cellulare le fatidiche parole "E' FINITA".
In realtà ieri non è andata proprio così, il cellulare l'ha lanciato, e poi era inconsolabile più per l' I-phone che per il ragazzo.
In realtà non era neanche un vero appuntamento. Ho sentito che diceva alla madre di voler vedere il tramonto e che sarebbe rimasta in spiaggia fino alle nove.
Non potevo lasciarmi sfuggire l'occasione. Ho iniziato a prepararmi alle sei del pomeriggio. Noncurante della colonnina di mercurio mi sono fatto un bagno caldo, poi la barba; quando mi sono asciugato i capelli mi sono reso conto che ero nuovamente fradicio, e che il bagno caldo non era stata una buona idea, così mi sono fatto una doccia fredda.
Erano solo le sette ed io ero già pronto. Il sole non sarebbe tramontato prima delle 20.09, avevo controllato, sarebbe stato sospetto arrivare tanto presto e non avrebbe sortito lo stesso effetto. Mi sono messo in terrazzo ad aspettare che il tempo passasse.
Trentasette gradi.
La polo nera iniziava ad incollarsi alla pelle, all'altezza delle scapole. Me la tolsi e la infilai, meticolosamente ripiegata, in frigorifero.
Alle 19.40 era ora d'uscire, aprii il frigorifero che fece uno strano cigolio, un cigolio che mi ricordò una voce nota.
"PUZZI".
Mentre tiravo fuori dal frigo la polo, tiravo fuori dalla mente l'immagine di quella ragazza che l'estate prima non era ancora la mia vicina d'ombrellone.
La polo è ancora in frigo. Spero sia a lunga conservazione.
Barbara Kulaga

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